testo e foto di Pierpaolo Pessano
grafica di Ennio Critelli
Nell’introdurre questo mio viaggio tra le terre del Sol Levante devo fare un doveroso (e, per me, un po’ doloroso) presupposto: non si è trattato di un viaggio prettamente ornitologico.
Il viaggio, infatti, è stato fatto con altri tre amici a cui dell’avifauna autoctona fregava il giusto, che è comunque molto meno di quanto importasse a me, per cui già coinvolgerli in quanto poi effettivamente abbiamo fatto è stato faticoso e frutto di un estenuante lavoro ai fianchi fatto dal sottoscritto nei mesi precedenti alla partenza.
Fatta la doverosa premessa, che lo so, suona un po’ come una scusante per gli avvistamenti mancati, entriamo nei dettagli del viaggio.
Un solo, grande obbiettivo: le innevate terre di Hokkaido.
Hokkaido è l’isola più a nord dell’arcipelago giapponese e, nonostante si trovi ad una latitudine simile a quella del centro Italia, gli inverni sono lunghi e molto rigidi, influenzati dalle correnti siberiane che non trovano ostacoli nella loro corsa verso sud.
Altra caratteristica dell’isola è la scarsa urbanizzazione che, a parte il suo capoluogo, Sapporo, non vede grandi metropoli sul suo territorio.
La scarsa urbanizzazione, al contrario del resto del Paese, fa sì che Hokkaido conservi ancora grandi parti di Natura intatta, tanto che la natura stessa rappresenta una delle principali ragioni di turismo da queste parti, insieme agli sport invernali.
Dato che il compromesso è stato la base del viaggio, come si è capito, la seconda parte ha visto invece lo spostamento dall’Hokkaido, mia meta imprescindibile, verso il più tranquillo e turistico Honshu, l’isola principale dell’arcipelago nipponico, che però, come vedrete, riserverà anch’esso piacevoli sorprese.
Il periodo scelto è la prima metà di marzo, speranzosi in un clima meno rigido ma con il paesaggio ancora stretto nel candido abbraccio della neve.
Partenza dunque fissata il 1 marzo da Milano Malpensa, arrivo a Tokyo (aeroporto internazionale di Narita) il successivo mattino del 2 (11.10 ora locale) e coincidenza pomeridiana per Sapporo, tipica metropoli giapponese senza confini ma tutto sommato vivibile.
All’arrivo siamo ovviamente accolti da una leggera nevicata, e il metro e mezzo abbondante a bordo strada ci fa capire che non è la prima della stagione.
Essendo arrivati ormai a sera abbiamo giusto il tempo di una cena prima della ritirata nel letto, stanchi del viaggio appena fatto.
Il giorno dopo il programma prevede un giro della città, che coincide anche con le prime osservazioni, le tipiche specie cittadine giapponesi, tra cui numerosi esemplari di Corvo beccogrosso (Corvus macrorhynchos japonensis), forse la specie più abbondante di qualsiasi città nipponica, il cui richiamo tipico e un po’ inquietante fa da sottofondo alla passeggiata.
Numerose sono anche le Passere mattugie (Passer montanus saturatus), in alimentazione sulla neve alla ricerca dei semi caduti dalle piante: anche la mattugia è specie diffusissima in qualsiasi città grande o piccola del Giappone.
Passera mattugia
Dopo aver osservato le principali attrazioni turistiche della città, tra cui la Torre dell’orologio e il Palazzo de governo di Hokkaido, ci dirigiamo a piedi verso il parco di Maruyama, isola verde della città (facciamo anche bianca, visto la neve e lo zero nella scala dei gradi), che permette l’osservazione di altre tre tipiche specie metropolitane: il Bulbul guancebrune (Hypsipetes amaurotis), annunciato dal suo stridulo richiamo, la Cincia giapponese (Parus minor) e la Cincia varia (Sittiparus varius).
Concludiamo la giornata in cima al monte Moiwayama, da cui si gode di un panorama a 360° sulla città.
veduta di Sapporo
Il giorno seguente ritiriamo l’automobile precedentemente prenotata, visto che le quattro ruote sono il miglior mezzo per girare in Hokkaido, e ci dirigiamo in direzione di Kushiro, quarta città per popolazione della prefettura e situata sulla costa sud-est dell’isola; nel farlo però decidiamo di fare una deviazione verso il parco naturale del Lago di Akan, situato a nord della stessa Kushiro.
Usciti dall’autostrada all’altezza di Honbetsu, e arrivati alla cittadina di Ashoro, una maestosa figura sorvola la nostra macchina: un meraviglioso esemplare adulto di Aquila di mare di Steller (Haliaeetus pelagicus) volteggia sopra la città, con la sua silhoutte scura stampata contro un cielo momentaneamente azzurro.
A pochi kilometri dal lago di Akan è la volta di un’Aquila di mare coda bianca (Haliaeetus albicilla), specie sia svernante che nidificante da queste parti, fare la comparsa sopra la vettura, accompagnandoci per qualche centinaio di metri prima di sparire dietro un bosco di conifere.
Inutile dire che, soprattutto la prima, queste due specie erano tra quelle che maggiormente desideravo vedere!
Aquila di mare di Steller (Haliaeetus pelagicus)
Aquila di mare coda bianca (Haliaeetus albicilla)
Il lago di Akan si presenta, ovviamente, tutto ghiacciato, un’impressionante distesa bianca a formare un paesaggio unico, a tratti spettrale, lunare, ma davvero affascinante.
Nell’unica parte non ghiacciata, una sottile striscia di acqua salvata dai ghiacci dagli scarichi delle vicine terme (e come vedremo questa sarà una situazione ricorrente), un piccolo gruppetto di Smerghi maggiori (Mergus merganser) la fa da padrona, mentre sulle vicine conifere alcuni candidi Codibugnoli (Aegithalos caudatus caudatus), con la testolina tutta bianca, si muovono freneticamente.
Con non moltissimo tempo a disposizione decidiamo di percorrere un sentiero boschivo verso le Bokke, ovvero dei piccoli vulcani che eruttano fango, preannunciati da un intenso odore di zolfo.
Il calore sprigionato da questi mini-vulcani scioglie l’altrimenti abbondante neve presente sul terreno, ed è proprio in queste piccole zone in cui affiora la vegetazione che una femmina di Ciuffolotto ventregrigio (Phyrrula phyrrula griseiventris), la locale sottospecie di Ciuffolotto, si alimenta, senza alcun timore verso noi umani, forse perchè in tale situazione non può permettersi di abbandonare la preziosa fonte di cibo.
Stessa cosa che avviene, a pochi metri di distanza, per un Picchio muratore (Sitta europaea asiatica), anch’esso intento ad alimentarsi a terra.
La visione di queste due specie così confidenti, presumibimente per necessità e non per particolare simpatia verso l’essere umano, mi fa capire quanto sia dura da queste parti la lotta invernale per la sopravvivenza.
Nel viaggio verso Kushiro, oltre a moltissimi cervi Sika (Cervus nippon) sulla cui pericolosità per chi viaggia in macchina sono presenti numerosi cartelli, avvistiamo anche le prime Gru della Manciuria (Grus japonensis), l’uccello simbolo del Giappone e la ragione della nostra sosta nella città.
L’indomani è previsto, infatti, l’incontro con i Tanch?, come le gru vengono chiamate da queste parti, un incontro che, stando alle previsioni meteo, avverrà sotto la neve, prevista piuttosto copiosa.
Ecco, copiosa non è esattamente il termine che rende al meglio le dimensioni, per noi non abituati, apocalittiche, della nevicata che investe la città di Kushiro il giorno 5 marzo 2020.
Che fare? La nostra macchina è sepolta sotto la neve!
Proviamo a prendere l’autobus, che, incredibilmente (ma siamo in Giappone) non solo è in servizio, ma pure in perfetto orario.
Ci dirigiamo così verso lo Tsurui-Ito Tancho Sanctuary, gestito dalla Wild Birds society of Japan, diciamo la LIPU locale, situato a pochi kilometri da Kushiro.
Questo luogo, in cui si possono ammirare le Gru specialmente in inverno, ha visto la luce nel 1987 grazie all’impegno di ornitologi locali e di privati cittadini come Yoshitaka Ito, un agricoltore, che ha donato i terreni di sua proprietà all’associazione e ha acconsentito a prendersi cura delle Gru.
Perchè tanta importanza alle gru?
Beh, la specie, oltre a essere un simbolo di lunga vita in Giappone e presente in moltissimi loghi pubblicitari, era ritenuta estinta a inizio del XX Secolo.
Per fortuna negli anni venti alcune coppie, sfuggite miracolosamente alla caccia indiscriminata, furono “ritrovate” proprio in queste zone.
Ora le Gru della Manciuria, dopo un colossale sforzo teso a recuperare la specie, godono di ottima salute, almeno qui in Giappone (la popolazione migratrice del continente asiatico un po’ meno), vengono monitorate costantemente, aiutate ad alimentarsi in inverno, e sono divenute la principale ragione di turismo da queste parti, un bellissimo esempio di recupero e gestione ambientale.
Nidificano nell’adiacente parco nazionale di Kushiro Shitsugen, una palude, la più grande del Paese, scampata anch’essa miracolosamente alla cementificazione selvaggia, e si stanno espandendo in tutto il centro-est dell’Hokkaido, la cui morfologia territoriale, ovvero grandi distese di campi, aiuta la specie.
All’arrivo al centro veniamo accolti da un centinaio di Gru che si alimentano, lottano e si corteggiano nei prati antistanti, davanti a un numero sorprendente di fotografi (dato il meteo avverso: infatti continua a nevicare copiosamente..) e persino ad una troupe televisiva francese che sta girando un documentario sulla specie.
Sulla strada del ritorno dal centro delle gru (difficile, neve e vento non aiutano...) alla fermata dell’autobus un simpatico Rampichino alpestre (Certhia familiaris japonica) lotta anch’esso con la tormenta di neve, volando di albero in albero alla ricerca di cibo.
Il giorno dopo, spalata la neve dalla macchina, tocca a noi migrare come un tempo facevano le Gru (ora, almeno in Giappone, prettamente stanziali), costeggiando il sud-est dell’isola in direzione di Cape Kiritappu, tappa intermedia dello spostamento odierno.
Il paesaggio che ci si presenta davanti rimarrà impresso per sempre nella mia mente: un promontorio innevato che si protende nell’oceano Pacifico in tempesta, sotto un cielo pumbleo e la nevicata in corso...la sensazione di essere davvero “ai confini del Mondo”, che poi è il significato di Shiretoko, la meta finale odierna, nel linguaggio dei nativi Ainu.
In questa cornice meravigliosa scorgo, in mare, un piccolo stormo di venticinque Orchetti marini americani (Melanitta americana), svernante diffuso lungo le coste di Hokkaido, mentre attorno al capo volano alcuni Gabbiani dorsoardesia (Larus schistisagus), surfando sul forte vento che soffia da nord.
Poi, a sorpresa, lungo la scogliera si stagliano due sagome di rapaci, che avvicinatisi quanto basta per una foto documentativa risultano essere due meravigliose Poiane calzate (Buteo lagopus).
Così, dal nulla e del tutto inaspettati, tre meravigliosi lifer in un colpo solo!
Lasciando Kiritappu, nel vicino e omonimo paese, un Nibbio Bruno (Milvus migrans lineatus, ci sono discussioni secondo le quali possa essere una specie a se, in inglese chiamata Black-eared kite) sorvola le piccole e molto nordiche case.
Anche in questo caso si tratta di una specie molto diffusa in tutto il Giappone, talvolta molto abbondante, specie più a sud.
Orchetti marini americani (Melanitta americana)
Gabbiano dorsoardesia (Larus schistisagus)
L’itinerario prosegue adesso lungo la costa orientale di Hokkaido e, all’altezza della cittadina di Shibetsu, ci accorgiamo di cosa ci aspetta.
Innanzitutto l’oceano è ricoperto dal pack, spinto fin qui dalle correnti e proveniente dalle coste russe, che crea un meraviglioso effetto “artico” che difficilmente rivedrò altrove (Hokkaido è il posto più a sud della Terra in cui vedere il pack).
In secondo luogo, gli alberi lungo la costa sono popolati da meravigliose Aquile di Steller e Aquile coda bianca, che qui in inverno trovano il loro paradiso.
Aquila di mare di Steller (Haliaeetus pelagicus)
Questo scenario ci accompagna fino a Rausu, nel Parco Nazionale di Shiretoko, meta finale della tappa odierna.
Rausu significa due cose dal punto di vista ornitologico: le già citate aquile e il misterioso e rarissimo Gufo pescatore di Blakiston (Bubo blakinstoni).
Poco fuori dalla cittadina, infatti, i naturalisti locali seguono una coppia di questo rapace incredibile, che nidifica e si alimenta lungo un torrente incastrato in una scura e stretta valle e che d’inverno non ghiaccia, requisito fondamentale alla sopravvivenza di questa specie.
Qui è stato allestito un capanno fotografico che si avvale di un sistema di luci studiato apposta per non infastidire gli strigidi.
In questo capanno è tassativo arrivare prima del tramonto per evitare di creare fastidio agli animali, per cui di corsa, lasciate le valigie in albergo, mi ci precipito.
Colpo di fortuna: nel giro di un’ora il maschio della coppia viene a cacciare due volte, la prima volta portando il pesce alla compagna (che a quanto capisco dal sempre difficoltoso dialogo con i locali dovrebbe essere nel nido), la seconda pescando ben due pesci contemporaneamente, uno mangiato in loco e l’altro nuovamente trasportato alla partner.
Gufo pescatore di Blakiston (Bubo blakinstoni)
L’arrivo e il momento in cui scompare nella stretta e innevata valle rimarranno impressi nella mia memoria come uno dei momenti più emozionanti trascorsi in natura.
La sopravvivenza della specie è però a rischio: in Giappone sono in atto sforzi tesi al mantenimento dell’habitat, fatto di torrenti e foreste mature, la cui perdita è la ragione principale del declino del Gufo, che oltre all’Hokkaido (sottospecie nominale) nidifica anche nella vicina Russia (Sachalin, Siberia orientale), Corea e Cina orientale.
Passata la sbornia dovuta ad un enorme lifer, il mattino dopo è già tempo di Aquile.
Rausu, ci dice la guida, che incredibilmente parla un buon inglese, ormai vive di turismo naturalistico, in inverno dovuto alle Aquile di mare, in estate al whalewatching che, date le pessime abitudini giapponesi in materia, suona un po’ come un controsenso.
Saliamo così su un’imbarcazione che salpa in mezzo al pack arrivato fin dentro al porto e ci porta a qualche miglia di distanza dalla costa, dove il pack (o drift ice detto all’inglese) è molto più abbondante e spesso.
Meraviglia: sul pack troviamo centinaia di Aquile di mare di Steller e Aquile coda bianca, oltre a numerosi Gabbiani dorsoardesia e Gabbiani codanera (Larus crassirostris).
Dalla barca viene lanciato sul pack del pesce, poco appetito dalle Aquile ma molto apprezzato dai gabbiani, dai Corvi beccogrosso e da qualche Cornacchia nera (Corvus corone orientalis) spintasi fino al largo.
La cosa mi fa storcere un po’ il naso, ma la guida mi fa notare la presenza di numerosi esemplari giovani, sia di Steller sia di coda bianca, spiegandomi contenta che questo testimonia il recupero delle due specie, oltre a sottolineare il fatto che il cibo viene somministrato per un periodo limitato dell’anno (e, aggiungo, in quantità del tutto irrisorie rispetto al numero di esemplari presenti).
A quanto intuisco dalla risposta non sono il primo a sollevare qualche perplessità anche se, va detto, lo spettacolo a cui si assiste ripaga ampiamente ogni dubbio.
La guida, squisita nella sua gentilezza tipicamente giapponese, ci dice anche che quelli sono gli ultimi giorni in cui si possono vedere esemplari adulti di Aquila di Steller: ben presto raggiungeranno la Kamchatka per nidificare, lasciando indietro gli immaturi, che invece si sposteranno verso nord ad aprile.
Anche molte delle Aquile coda bianca osservate sono destinate a raggiungere la Russia per nidificare, ma un numero, in crescita, di esemplari è stanziale in Hokkaido.
In tutto questo, un maschio di Moretta codona (Clangula hyemalis) sfreccia a prua della barca.
A proposito di anatidi, la costa di Rausu, come quella di tutto il Giappone, ne abbonda.
A pochi passi dal porto, premesso che la Moretta codona è, detta alla buona, “tanta roba”, faccio una delle osservazioni che aspettavo con ansia: un piccolo stormo di Moretta arlecchino (Histrionicus histrionicus).
Mentre la codona è svernante, l’arlecchino è forte anche di una popolazione stanziale, che si spinge anche più a sud di Hokkaido fino alla parte nord di Honshu.
In mare ogni tanto si mischiano ad alcune Morette grigie (Aythya marila), mentre fanno il loro arrivo in volo quattro Smerghi minori (Mergus serrator) di cui a momenti non mi accorgevo quasi, rapito com’ero dalla bellezza del maschio della Moretta arlecchino, purtroppo controluce.
Presenti anche due cormorani pelagici (Phalacrocorax pelagicus)
Nemmeno il tempo di metabolizzare l’ennesimo lifer che, alla foce del piccolo fiume di Rausu, scorgo quattro placidi Cigni selvatici (Cygnus cygnus)....così è troppo!
Decidiamo quindi di andare a visitare il Rausu Nature Centre, pochi chilometri fuori città, una sorta di museo-centro visitatori che illustra la variegata fauna locale, con, tra l’altro, simpatici pupazzi raffiguranti le principali attrazioni del luogo (Aquila di Steller, Gufo di Blakiston, cucciolo di foca) e che ne riproducono esattamente il peso.
Inutile dire che, sollevata l’Aquila di Steller, il dubbio di come faccia a volare mi pervade tutt’ora...
La giornata finisce a Utoro, dalla parte opposta delle penisola di Shiretoko, dove è previsto l’alloggiamento notturno in un bellissimo hotel vista mare di Okhotsk, completamente invaso dal pack.
Qui faccio in tempo a fare l’ultimo avvistamento di giornata, una coppia di Quattrocchi (Bucephala clangula), nell’unica porzione di mare non invasa dal ghiaccio, in prossimità, nuovamente, dello scarico di acque termali.
Ricordate che, all’inizio, ho specificato come non si trattasse di un viaggio ornitologico?
Ecco, infatti è già tempo di rientrare a Sapporo...ma sulla via del ritorno riesco a dirottare la macchina verso il lago di Kussharo, regno incontrastato dei cigni selvatici.
Poco prima di arrivare schiviamo per tempo un piccolo stormo di Ciuffolotto delle pinete (Pinicola enucleator) posato a bordo strada, dove probabilmente beveva la neve sciolta.
Le temperature infatti si sono notevolmente alzate, passando dai -4 di ieri a circa 4 gradi sopra lo zero, e se tutta questa neve facesse sorgere dubbi sul fenomeno del riscaldamento globale, la sempre cara guida del giorno prima ci ha detto che le temperature per tutto l’inverno sono state superiori alla media...se non altro il lago è ancora quasi totalmente ghiacciato.
E i cigni dove nuotano, si alimentano, strombazzano con il loro caratteristico verso?
Ancora una volta la risposta è nelle numerosi sorgenti termali, i cui scarichi impediscono a una buona parte del lago, diciamo molta parte della fascia costiera, di non ghiacciare.
Qui addirittura la sabbia a bordo del lago è calda.
Gli esemplari sono davvero tantissimi, tra adulti e giovani al primo inverno, schiacciati in quest’unica parte di lago da loro fruibile.
Il cigno selvatico sverna in Hokkaido, nonostante ci siano state in passato segnalazioni di sporadiche nidificazioni (che peraltro avvengono regolarmente nella vicina isola russa di Sachalin) e anche a loro, a breve, ripartiranno.
Intanto due Nibbi bruni volteggiano sopra la nostra testa in cerca di cibo, per poi sparire dietro gli alberi, mentre dal bosco proviene forte il grido di una Ghiandaia (Garrulus glandarius brandtii) che si lascia intravedere.
Rientrando a Sapporo, al tramonto, l’ennesima sorpresa: dai campi si alzano in volo stormi di oche che si posizionano nella classica formazione a “V”.
Le dimensioni sono grandi, più grandi delle “nostre” oche selvatiche che qui, peraltro, non ci sono.
Infatti, appena si riesce a vedere qualche esemplare posato, si capisce che sono Oche granaiole della Taiga (Anser fabalis), svernante nel Giappone centrale insieme alla cugina Oca granaiola della tundra, e già in movimento migratorio verso nord.
Le oche compariranno anche il giorno dopo, durante uno spostamento in treno da Sapporo ad Hakodate, che io definisco “il viaggio degli anatidi” perchè dal finestrino del treno si può osservare di tutto.
Sarà il periodo, l’inizio della migrazione, il cu...fortuna, ma i campi sono invasi da Oche granaiole, e il mare (il treno costeggia per buona parte l’Oceano pacifico) è pieno di anatre.
Pieno, non saprei che altro aggettivo usare, enormi chiazze scure nelle quali riesco a distinguere Fischioni (Mareca penelope), Mestoloni (Spatula clypeata), Germani reali (Anas platyrhynchos, fa effetto vederli in mare, ma qui sono perlopiù migratori), Germano beccomacchiato orientale (Anser zonorhyncha, forse l’anatide più diffuso in Giappone e parzialmente migratore), Morette (Aythya fuligula) e Morette grigie, Canapiglie (Mareca strepera) e il più grande stormo di Codoni (Anas acuta) che io abbia mai visto o immaginato.
Germano beccomacchiato orientale (Anser zonorhyncha)
Purtroppo non riuscirò a vedere specie ambite: l’Anatra falcata (Mareca falcata) e la seppur scarsa e in declino Alzavola asiatica (Sibirionetta formosa).
Oca colombaccio (Branta bernicla)
Arrivati ad Hakodate un breve giro lungo la costa mi permette l’incontro con una Ballerina bianca (Motacilla alba lugens), uno Svasso piccolo (Podiceps nigricollis) intento a pescare tra le onde e, soprattutto, un piccolo gruppo di Oche colombaccio (Branta bernicla) impegnate nel nutrirsi delle alghe probabilmente spinte verso riva dalla corrente.
Concludo così il mio viaggio in Hokkaido, visto che dal giorno seguente ci sposteremo verso Tokyo, con un totale di 39 specie osservate.
La parte del viaggio più turistica vede il passaggio in Honshu, l’isola principale del Giappone.
Da Hakodate prendiamo lo Shinkansen, il famigerato treno-proiettile che, passando in un tunnel sottomarino, collega l’Hokkaido al resto del Paese.
Dopo una tappa a Sendai, priva di osservazioni rilevanti ad eccezione di alcuni Codibugnoli (della sottospecie trivirgatus, quindi differente da quella presente in Hokkaido) e Lucherini (Spinus spinus), giungiamo a Tokyo, dove soggiorniamo in un tranquillo quartiere di periferia.
Durante la permanenza nella capitale è prevista un’escursione a Nikko che due anni prima, al tempo del primo viaggio in Giappone, non eravamo riusciti a vedere.
Il soggiorno a Tokyo mi spinge a chiedere a un contatto giapponese che ho su Facebook “dove posso fare birdwatching in città?”.
L’idea era quella di visitare l’area protetta, gestita sempre dalla Wild Birds Society of Japan, situata vicina al porto, ma l’emergenza COVID-19 ha fatto chiudere precauzionalmente la struttura.
La risposta del giapponese è stata “Nel parco più vicino al tuo hotel puoi osservare decine di uccelli”.
Urca, in una megalopoli da 35 milioni di abitanti??
Proviamo dunque i giardini Kenrokuen, altra attrazione sfuggitaci due anni prima.
In effetti il laghetto interno vede la presenza di una decina di Canapiglie e di Germani beccomacchiato....dagli alberi il grido del solito Bulbul, ok.....poi, sorpresa!
Nei prati sono presenti alcuni Storni guancebianche (Spodiopsar cineraceus), che scoprirò essere molto comuni (in qualsiasi prato di Tokyo li si può vedere in alimentazione), ma soprattutto un paio di bellissime Cesene fosche (Turdus eunomus) e un solitario Tordo chiaro (Turdus pallidus).
Storno guancebianche
Cesena fosca
Tordo chiaro
In entrambi i casi si tratta di specie svernanti, una diretta molto a nord, come la Cesena fosca, l’altra verso la parte più sud-orientale della Russia asiatica e della Cina.
Ai margini del prato riposano invece due Tortore orientali (Streptopelia orientalis).
Tutto sommato non male per un parco cittadino!
Anche nei giardini intorno al palazzo imperiale, meta pomeridiana, si può vedere qualcosa: i già citati Storni guanchebianche, alcune Ballerine bianche e, nel canale che circonda le mura, le solite Canapiglie e un Tuffetto (Tachybaptus ruficollis poggei).
Palazzo imperiale
A Nikko, invece, luogo di una bellezza sopraffina per chi ama la cultura orientale, osservo due specie, entrambe lungo il fiume Daiya e sotto la neve, che ha deciso di seguirci da Hokkaido.
Nikko, patrimonio UNESCO
Nella parte più aperta, con ampie sponde ricoperte da vegetazione, banchettano numerosissimi Zigoli campestri (Emberiza cioides), specie che in Giappone trova larga diffusione per tutto l’anno, mentre, nella parte a carattere torrentizio, osservo due Merli acquaioli bruni (Cinclus pallasii), che si esibiscono in ripetuti tuffi nelle rapide del torrente.
Non male anche in questo caso, e siamo a due.
L’emergenza coronavirus, di cui ho cercato di parlare il meno possibile, ci spinge ad anticipare di un paio di giorni il rientro in Italia.
Il gruppo si divide e, mentre gli altri vanno a Kamakura, che poi mi riferiscono essere invasa dai Nibbi bruni con tanto di cartellonistica a riguardo per difendersi (i furbetti si lanciano sulle persone per fregarli gli spuntini...), io decido per visitare due parchi molto grandi in città, quello di Ueno, famoso per lo Hanami, la fioritura dei ciliegi, e quello del Meiji-jingu che sorge attorno all’omonimo santuario shintoista dedicato all’imperatore Meiji, quello della restaurazione che mise fine all’era degli Shogun.
A Ueno, fortuna, i primi ciliegi sono in fiore.
Sotto i ciliegi, oltre ai normali fotografi dotati di grandangoli e gente comune che si fa selfies, noto alcuni teleobiettivi puntati verso i fiori: “Cosa fotograferanno mai?”, mi chiedo.
Ah, il solito e immancabile Bulbul...e invece no: i giapponesi, in periodo di fioritura, vanno pazzi per l’Occhialino del Giappone (Zosterops japonicus), che si nutre del nettare dei fiori di ciliegio e di cui sono presenti numerosi esemplari.
I Bulbul, anch’essi in alimentazione, si fanno forza delle loro maggiori dimensioni per scacciare gli Occhialini che allora, tutti insieme, cambiano albero: e tutti sotto a “rincorrerli”....
Occhialino del Giappone (Zosterops japonicus)
L’atmosfera al Meiji-jingu è invece meno frenetica.
Il parco è molto boscoso e una signora che incontro, poco dopo esservi entrato, mi mostra la foto di uno Sparviere fatta poco prima, e mi dice che lì nidificano pure.
All’interno è presente il solito laghetto, in cui però, stavolta, non si vedono anatre, nemmeno quella che menziona l’opuscolo come svernante regolare, l’Anatra mandarina (Aix galericulata).
In compenso scorgo una sagoma a me familiare, ovvero quella del Martin pescatore (Alcedo atthis) che anche in questa parte del mondo monopolizza le attenzioni dei fotografi, nonostante sia posato dall’altra parte dello stagno, rendendo qualsiasi bella foto praticamente impossibile.
Decido allora di continuare lungo il sentiero e, su un albero lì vicino, noto che si sta arrampicando qualcosa.
E’ relativamente piccolo, per cui penso al Picchio muratore....e invece no: è un bellissimo Picchio pigmeo (Yungipicus kizuki), peraltro in compagnia, perchè più in su si intravede, ma soprattutto si sente, un altro esemplare.
Qualche scatto al volo e sparisce anche lui ad altezze non più raggiungibili, nemmeno dalla macchina fotografica.
Picchio pigmeo (Yungipicus kizuki)
Andrei già soddisfatto a casa così, ma poco più in là vedo un simpatico giapponese intento a filmare qualcosa, qualcosa che gli sta molto vicino.
Provo ad avvicinarmi piano piano, intuisco si tratti di un piccolo uccellino, penso alle comunissime Passere mattugie...e invece sono due Zigoli, maschio e femmina.
Il giapponese mi dice che loro lo chiamano Aoji (più che dirmelo, me lo scrive sul telefono) e che noi lo chiamiamo Zigolo mascherato..ma qui c’è da fare un po’ di chiarezza.
In italiano lo Zigolo mascherato è emberiza spodocephala, ma l’Aoji, un tempo considerato sottospecie, è ora classificato specie a parte e denominato dagli inglesi Masked bunting ovvero Zigolo mascherato (Emberiza personata), mentre chiamano l’altro Black-faced Bunting...insomma, nome o non nome, è un’altra bell’osservazione da mettere in saccoccia.
Uscendo dai giardini incontro ancora due Cince varie che, simbolicamente, mi danno l’arrivederci con i loro continui cinguettii....è già tempo di ripartire infatti.
(clicca sui nomi evidenziati)
Il mio consiglio generale é quello di organizzare tutto da voi, cercando e spulciando ogni sito internet (le ricerche vanno ovviamente fatte in inglese, a meno che non conosciate l’ostica lingua giapponese...).
Per il viaggio non ci siamo rivolti ad alcuna genzia, con il sottoscritto che si è concentrato sulla parte naturalistica.
Preferiamo sempre agire così per tagliare i costi superflui che, nei viaggi organizzati, lievitano.
Spostamenti
In origine dovevamo volare con Air China facendo scalo a Pechino (Malpensa-Pechino-Tokyo), ma l’esplosione del caos COVID-19 ha portato alla cancellazione (e rimborso) del biglietto un mese prima della partenza.
Nella sfortuna ci è andata bene perchè abbiamo trovato, allo stesso prezzo, un volo diretto Malpensa-Tokyo Narita.
Per raggiungere l’Hokkaido esistono diverse soluzioni, la più comoda è sicuramente l’aereo.
Esistono, infatti, molti collegamenti giornalieri tra i due principali aeroporti della capitale nipponica (Narita e Haneda) e Sapporo New Chitose (shin-Chitose, ?????); il volo dura 1 ora e mezza circa.
L’alternativa è il treno, il famoso Shinkansen (???), il treno proiettile, che da qualche anno arriva in Hokkaido ma solo fino ad Hakodate.
La continuazione verso Sapporo è ancora in costruzione ed il tratto Hakodate-Sapporo è piuttosto lungo con i treni locali, oltre che costoso (ma si può ovviare con il Japan Rail Pass, che però, a mio avviso, in Hokkaido non serve).
Il trasferimento dall’aeroporto alla città di Sapporo, in treno, porta via circa 40 minuti.
Girare la città di Sapporo non comporta problemi: metropolitana, tram e autobus la coprono senza problemi, il problema è girare per l’isola di Hokkaido.
La linea del treno non copre tutte le città che interessavano a noi, ed oltretutto è servita con pochi treni al giorno.
La soluzione migliore è affittare una macchina.
Esistono diverse compagnie di car rental, noi ci siamo rivolti alla Times car-rental, una delle cui sedi è vicina alla stazione ferroviaria.
Costo assolutamente alla portata (dividevamo per 4), benzina che costa meno che da noi e, soprattutto, nessun problema ad abituarsi alla guida “al contrario” (i giapponesi infatti vanno a sinistra come gli inglesi).
La macchina dà assoluta libertà di movimento e quindi di organizzazione e, oltre al costo moderato, richiede solo la patente internazionale (convenzione di Ginevra), pratica semplice da fare.
Hokkaido ha poche autostrade, fortunatamente una di queste copre il tratto Sapporo-Kushiro che interessava a noi, l’unica pecca che è a corsia unica con solo alcuni brevi tratti a doppia corsia per permettere i sorpassi.
Diciamo che le condizioni meteo aiutavano a non aver voglia di sorpassare, ma va anche detto che ogni singola strada, anche in mezzo alla campagna, viene pulita dagli spazzaneve subito dopo una bufera: quindi non fatevi problemi (noi qualche patema prima della partenza lo avevamo!): l’Hokkaido si gira benissimo in auto anche in inverno!
Alloggi
Per quanto riguarda i soggiorni, noi che solitamente siamo più avvezzi agli appartamenti di AirB&B abbiamo dovuto ripiegare sugli hotel, soluzione decisamente più comoda in Hokkaido.
Abbiamo soggiornato al Vessel Inn Hotel di Sapporo (miglior colazione del viaggio), al Kushiro Prince Hotel, allo Shiretoko Serai di Rausu (posto veramente carino, consigliatissimo) e al Kitakobushi di Utoro, un hotel di lusso in cui (che colpo di fortuna!) siamo stati dirottati per la chiusura dell’hotel precedentemente prenotato causa coronavirus.
La colazione e la cena le abbiamo dovute pagare a parte, ma valgono ampiamente il prezzo richiesto.
Cibo
D’altronde mangiare male in Giappone è quasi impossibile, e il mio consiglio è di non soffermarsi solo sul sushi (??), che va provato certamente ma che rappresenta solo una minima parte della cucina nipponica.
Il piatto che amo di più è certamente il Ramen (????), un a sorta di zuppa contenente un po’ di tutto (noodles, alga, maiale, uovo etc.) che a seconda della regione viene preparata in modo diverso.
Ma anche i vari Yakitori (???? spiedini di pollo), Takoyaki (????, polpette di polpo) sono assolutamente delizie da provare, così come in Hokkaido va provato il Jinjisukan (??????), ovvero il Gengis Khan nella pronuncia locale, specialità locale a base di agnello alla piastra servito direttamente sulla pietra calda.
Consiglio: non focalizzatevi su applicazioni trova-ristoranti, ma seguite l’intuito, e potreste trovarvi in un meraviglioso e tipico Izakaya (???) come successo a noi a Kushiro.
L’unico problema a mangiare in Hokkaido, e più generalmente in Giappone, possono averlo i vegetariani, perchè piatti senza carne se ne trovano tanti, ma senza pesce è praticamente impossibile.
Vi consiglio di specificare sempre che non mangiate pesce, perchè il loro “vegetariano” c’è il rischio che lo associno solo alla carne: per un giapponese è inconcepibile non mangiare prodotti del mare...anche a colazione, abbondante, e che comprende sempre una dose di pesce spesso crudo.
Link naturalistici utili
In ultimo lascio qualche link utile per chi volesse cimentarsi in un viaggio in terre innevate nipponiche.
La miglior crociera per vedere le Aquile di mare è con Shiretoko Nature Cruises - lo staff risponde in inglese alle vostre mail e a qualsiasi dubbio, con la consueta gentilezza giapponese.
Il regno delle Gru: Kushiro Shitsugen National Park - esistono vari punti di osservazioni invernali, mentre il parco è consigliato visitarlo senza la neve.
Il punto di osservazione più gettonato è sicuramente Tsurui-Ito gestito dalla Wild Birds Society of Japan
Qui c’è una panoramica sui migliori posti per fare Birdwatching in Hokkaido: alljapantours
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