Dopo centinaia di chilometri di sabbia e rocce i palmizi di Wadi Feiran sono un refrigerio per la mente, oltre che per gli occhi e il resto del corpo. Dev’essere così anche per gli uccelli in migrazione, perché cespugli e alberi da frutto sono pieni di vita e di voci. Un muro di pietra difende la terra fertile dai venti del deserto. Piccoli canali fanno circolare l’acqua tra le piantagioni. Ci sono palme, ulivi, agrumi, fichi e altri alberi da frutto – perfino le viti; ci sono filari di pomodori, zucche, legumi e tante piante di aspetto a me totalmente sconosciuto. Subito si fa sentire il richiamo del bulbul ventregiallo (foto sotto), ma, nonostante i suoi 20 cm di lunghezza, bisogna inseguirlo pazientemente tra gli ulivi e le palme per riuscire a vederlo bene.

L’averla mascherata, invece, è tutt’altro che elusiva, va e viene tranquillamente dal suo posatoio. Branchi di bigiarelle, tortore delle palme e tortore dal collare sono intente a spolpare i grossi datteri gialli non ancora maturi. Sui cespugli più bassi, troviamo facilmente il codinero (Fis-fis è il suo nome locale, foto sotto) che posa tranquillamente davanti a cannocchiali e macchine fotografiche.

Una femmina di nettarinia, rondini, codirossi, luì, ballerine e pispole golarossa completano il quadro. Infine, la gentilezza, la curiosità, la pazienza, l’orgoglio di mostrare i risultati del loro lavoro e di essere i custodi di questo frammento di paradiso in mezzo al deserto della gente di Feiran.
Temo che quel misto di avidità di osservazioni, fretta, eccitazione e stanchezza che ci accompagnano ovunque andiamo, ci abbiano impedito di ringraziarli a sufficienza per il tempo e l’attenzione che ci hanno dedicato. Spero che a ripagarli più degnamente siano proprio i nostri amici uccelli, con i loro colori e le loro voci, il loro periodico arrivare e ripartire.
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